lunedì 22 dicembre 2008

Il gioco

Nel gioco il bambino si adopera con tutte le sue forze per diventare adulto. Osservare un bambino, assorto in giochi di costruzione e capace addirittura di piangere quando non riesce a superare le difficoltà, è uno spettacolo affascinante. L’attività ludica costituisce il motivo e l’esperienza di fondo di tutta la vita infantile. Essa procede, secondo Piaget, per tappe, che corrispondono ai primi tre livelli dello sviluppo cognitivo:
Tappa dei giochi d’esercizio, che, nel complesso, corrisponde allo sviluppo cognitivo dell’intelligenza sensorio-motrice. Tappa dei giochi simbolici, che corrisponde alla fase dell’intelligenza preoperativa (formazione del concetto e attitudine a trasformare la realtà in simboli).Tappa dei giochi delle regole. Questa è la fase che corrisponde all’acquisizione cognitiva delle operazioni concrete e formali. L’essere umano ha assimilato il pensiero reversibile e, pertanto, sa cogliere più aspetti della realtà e, nello stesso tempo, comprende che un problema può avere soluzioni diverse. Il gioco, nella storia, ha, però, assunto una funzione importante soltanto con Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) e con Wilhelm Friedrich Fröbel (1782-1852); esso precedentemente era considerato come un passatempo, anzi, come un’attività fastidiosa per gli adulti ed inutile per i bambini. Nella società attuale, tuttavia, non sono, nonostante si sia compreso che l’attività ludica serva al bambino per lo sviluppo delle sue capacità (sensoriali, motorie, affettive, sociali, intellettive e morali), ancora previsti, nella costruzione delle abitazioni, in maniera concreta, spazi adeguati per i giochi. Il bambino è, così, limitato nella sua?? spontaneità ed è costretto ad accumulare eccessiva aggressività, che, non riuscendo a controllare, scaricherà facilmente contro qualcuno o qualcosa. Alcuni studiosi, specialmente psicologi e pedagogisti, essendo il gioco, in ogni modo, un atto educativo, da tempo stanno ribadendo, con forti critiche al potere politico, che un’edilizia adeguata sia di fondamentale importanza, per permettere, soprattutto ai bambini, di svilupparsi armonicamente attraverso il gioco. Urgono per poter giocare ampi spazi e materiale adatto. Entrando, poi, in un negozio di giocattoli si è costretti ad ammirare una quantità di prodotti, che rappresentano quasi tutti una miniaturizzazione degli oggetti del mondo adulto. Questa tendenza è senza dubbio indice di grande sviluppo tecnologico, ma, nello stesso tempo, di scarsa sensibilità educativa. Il giocattolo non deve togliere al bambino, se vuole favorirne sia la maturazione sia lo sviluppo psicologico, il ruolo di protagonista né costringerlo alla condizione di passivo spettatore. Alcuni giocattoli (bambole, orsacchiotti, oggetti morbidi e caldi), secondo la maggior parte degli studiosi, sono insostituibili: essi rappresentano, per i bambini e le bambine, simbolicamente la figura del genitore e, nei momenti di frustrazione, gli amici con cui dialogare. Il gioco, quindi, è per l’infanzia non solo rappresentazione della continuità tra il passato ed il presente, ma anche fattore di liberazione; il bambino, infatti, entra in contatto, attraverso l’attività ludica, con il mondo circostante e compie esperienze concrete. In conclusione esso è una sorgente di motivazione e, perciò, sarebbe inimmaginabile, come ha sostenuto lo psicologo e pedagogista svizzero Edouard Claparède (1873-1940) “un’infanzia senza giochi”. Un bambino che non sa giocare è in “fieri” un adulto incapace non solo di pensare e di ragionare, ma anche di agire responsabilmente.

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